
Facendo eco alla domanda che nel 2000 Giovanni Paolo II rivolse ai giovani presenti alla Giornata Mondiale della Gioventù, anche il milione di giovani accorsi a Roma del 2025, i cosiddetti “ragazzi del Giubileo”, come vengono chiamati sui social, si sono sentiti interpellati da questa domanda in più di un’occasione.
“Chi siete venuti a cercare?”, non che cosa. Non uno sballo, non il divertimento fine a se stesso, non solo un’emozione grande, ma un incontro.
L’incontro con altri giovani che hanno raggiunto Roma per lo stesso motivo, che ha fatto respirare nei giorni del Giubileo l’universalità della Chiesa, l’appartenenza ad una comunità che non ha confini, in cui c’è posto per “todos, todos, todos”, come disse Papa Francesco a Lisbona.
L’incontro con il successore di Pietro, Leone XIV, che si è quasi fatto da parte per lasciare spazio ad un altro incontro, quello principale, quello con Cristo: “Comprare, ammassare, consumare, non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle «cose di lassù», per renderci conto che tutto ha senso, tra le realtà del mondo, solo nella misura in cui serve a unirci a Dio e ai fratelli nella carità, facendo crescere in noi «sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità», di perdono, di pace, come quelli di Cristo”.
Ho avuto la gioia e la grazia di accompagnare il gruppo diocesano in questi giorni così speciali.
E anch’io, come ha scritto il nostro Vescovo Corrado in un bellissimo messaggio a loro rivolto, sono stato edificato da loro, dalla loro preghiera intensa, dalla gioia contagiosa che sempre si percepiva, anche nei momenti dove la fatica si faceva sentire, dall’accettare serenamente i disagi che inevitabilmente si incontrano in questi grandi eventi.
In questi giorni si sono letti e sentiti commenti di ogni tipo sui “ragazzi del Giubileo”. Io però ho visto i loro sguardi, ho sentito le loro domande, ho condiviso le loro fatiche. E in loro ho visto autenticità, cosa che in chi commenta invece non c’è. Ho visto e sentito la loro sete di verità, non quella dei social o della società woke che, pur sostenendo il contrario, vuole tutti omologati come automi, prodotti da vendere e acquistare, non “una” verità ma la verità.
E la verità, la risposta a questa sete, non è un qualcosa da avere o un qualcuno da diventare, ma un incontro. L’incontro con colui che ha detto “Io sono la via, la verità e la vita”. Ed è proprio Lui che abbiamo incontrato a Roma.
Luca Gregorelli
Direttore del Servizio per la Pastorale Giovanile e l’Oratorio Diocesi di Pavia